Un altro anno è passato

Sembra incredibile ma un altro anno è passato. Se cerco di ricordare tutti i problemi che ho affrontato mi sembra un miracolo essere arrivato fino a qui. L’azienda è ancora in bilico, come sul ciglio di un burrone, a volte sembra sbilanciarsi verso il baratro e a volte sembra tornare indietro.

In vista del nuovo anno ho il dovere di ringraziare i pochi che mi hanno sempre aiutato, con i quali ho scambiato gli auguri di Natale e di buon anno quasi con commozione. Il direttore della banca primaria con cui lavoro mi ha mandato una email che mi ha toccato il cuore, credo non riuscirò mai a ringraziarlo per tutto quello che ha fatto, per come mi ha aiutato prendendosi a carico alcuni dei miei problemi e rischiando di persona. Penso che ricorderò sempre gli auguri di Natale scambiati di persona il 23 dicembre con i dipendenti di un altra banca con cui lavoro. Questi ultimi sono stati i pochi ai quali ho rivelato quanto è realmente successo nell’azienda: hanno seguito il mio racconto esterrefatti e da quel giorno si è instaurato un vero rapporto di amicizia. Quel giorno ho abbracciato tutti, per primo il direttore al quale ho chiesto un piccolo strappo alla regola e me l’ha concesso. Sono uscito fuori con le lacrime agli occhi.

L’azienda sta andando avanti come una nave piena di falle e rattoppi che imbarca acqua continuamente e i marinai cercano di ributtarla fuori. Come previsto alcuni dei miei ex dipendenti hanno rinunciato a tornare al lavoro: come già spiegato infatti è difficile rifiutare 800 euro pagati puntualmente dallo stato il 18 di ogni mese per 3 anni, veramente difficile. I casi sono diversi ma tutti legati da questo filo conduttore. Un dipendente prima di tornare mi ha chiesto l’aumento: incredibile! Era appena uscito da questa azienda che a malapena riusciva a pagargli lo stipendio ed ecco che per rientrare vuole l’aumento. Ho rinunciato ad assumerlo per principio, tanto potevo farne a meno. Un altro ha fatto la stessa richiesta e ho dovuto accettare, non avrei infatti potuto permettermi la sua mancanza. Ma gliel’ho detto chiaramente: ti stai approfittando perchè sai che non posso farne a meno; mi ha risposto: “Tanto non saranno certo i 50 euro in piu del mio stipendio che ti faranno chiudere”. Bella risposta. Un altro se ne era andato in fretta e furia dicendo di avere pronta la lettera di assunzione in un’altra azienda: ho poi scoperto che anche lui ha deciso di starsene a casa per 3 anni aspettando il 18 del mese. Un altro ancora mi chiama al telefono chiedendomi di assumerlo di nuovo, ne parliamo di persona, ci accordiamo per gennaio; mi chiama prima di Natale dicendo che ha deciso di stare a casa. La tentazione è veramente troppo forte.

Ringrazio comunque quei pochi che sono tornati, anche se a volte li vedo lavorare con stanchezza e controvoglia: nulla a che vedere con l’atteggiamento assiduo e volonteroso di quei pochi giovani che ho assunto, alcuni con un contratto di tirocinio per poche centinaia di euro. Questi ultimi hanno infatti intravisto una possibilità, un futuro, una alternativa anche se debole allo stato di disoccupazione senza fine e senza sussidi.

Quest’anno nessuno dei miei dipendenti mi ha fatto gli auguri di Natale e di buon anno e io da parte mia ho ricambiato l’indifferenza. Il 23 sono rientrato tardi in azienda quando già non c’era più nessuno e il 27 al ritorno al lavoro nessun accenno alle festività passate. Il 30 invece ero li in azienda ma non ho incrociato gli auguri di nessuno: forse stavolta porterà bene, chissà.

Persino nessuno dei miei ex-dipendenti che di solito chiamano verso la fine del mese reclamando il pagamento della rata dello stipendio arretrato si è fatto sentire: avrebbero infatti dovuto farmi gli auguri di controvoglia, ma anche io d’altra parte sono contento di non averli ricevuti e di non doverli ricambiare.

Per i fornitori si è verificata la stressa cosa: si è parlato solo di debiti e di pagamenti da fare, nessun accenno al Natale, sarebbe stato un segno di bontà eccessiva. Solo uno di loro ha capito la mia situazione e ha promesso di mandarmi un regalo nonostante tutto. Non credevo alle mie orecchie, ho ringraziato e ho detto comunque di non disturbarsi, qualsiasi regalo sarebbe stato di troppo per me in questa situazione. Le persone educate sono rimaste veramente poche.

Ascolto alla televisione in questi giorni tutti discorsi e le polemiche sul Jobs Act e sull’articolo 18 e penso che tutto quanto è veramente surreale, mi viene voglia di raccontare a tutti la mia storia ma devo trattenermi. D’altra parte penso che molti non mi crederebbero.

Diverse volte ho pensato a cosa mi riserverà il nuovo anno ma ho difficoltà a pensare sia meglio di quello ormai passato e sono sempre pronto al peggio. Ma ora ho scoperto finalmente le poche persone sulle quali posso contare.

L’azienda senza dipendenti

Ormai il complesso progetto elaborato dai sindacati è stato completamente messo in atto. Tutti i dipendenti dell’azienda sono stati licenziati e messi in mobilità, alcuni di loro verranno riassunti fra un mese, alcuni si sono dichiarati disponibili a continuare ma magari nel frattempo cambieranno idea. Ho infatti avuto modo di ascoltare di nascosto una conversazione telefonica nella quale un dipendente parlando con un altro ha dichiarato molto semplicemente che è più conveniente incassare i soldi della mobilità (puntuali e sicuri) piuttosto che lavorare per poco di più e con l’incertezza di essere pagati. Il ragionamento non fa una piega e corrisponde a quanto anche io avevo supposto finora ma non avevo mai sentito nessuno pronunciarsi in modo chiaro sull’argomento. Per ironia della sorte, una azienda con tutti i dipendenti a tempo indeterminato è stata trasformata in un perfetto esempio della precarietà dell’occupazione, peggio di un call-center: un pugno di dipendenti a tempo determinato e uno stagista, grazie ad una incredibile alchimia delle leggi attuali, e forse come detto in precedenza ai limiti della legalità. Tanto in ogni caso il colpevole di tutto quanto è sempre il datore di lavoro che sfrutta le situazioni a suo vantaggio, anche se in questo caso il vantaggio è solo per i lavoratori. L’unica magra consolazione è l’aver origliato in parte alcuni resoconti dei lavoratori licenziati alle prese con l’ufficio di collocamento: file interminabili e ressa incredibile da affrontare. Mi immagino i miei (ormai ex) dipendenti a confronto con la folla di lavoratori che realmente hanno perso il posto di lavoro e avranno poco e niente dallo Stato. La loro situazione reale sarà difficile da spiegare, magari dovranno inventarsi qualcosa e fingersi tristi come loro. Intanto nei prossimi giorni dovrò improvvisarmi in tutti i ruoli e cercare di mandare comunque avanti l’azienda; nonostante le numerose difficoltà infatti ci sono ordini da evadere e lavori da portare avanti avendo a disposizione meno della metà dell’organico. Ma questo non importa a nessuno.

Ogni volta che ascolto le notizie dei telegiornali sulle aziende che chiudono e dei lavoratori che finiscono veramente in mezzo alla strada penso a quanto mi è successo e stento ancora a crederci. Ma è la realtà.

Aziende esodate

Questa volta siamo veramente alla fine. La richiesta da parte dei sindacati è arrivata in modo esplicito e perentorio: l’apertura della mobilità per tutti i dipendenti per usufruire dei tre anni previsti dalla legge attuale fino alla fine dell’anno. Dal 2015 questo privilegio non ci sarà più “grazie” alla legge Fornero: i miei consulenti mi hanno detto che altre aziende stanno vivendo la stessa situazione e dalla loro condizione già precaria subiranno un forte scossone al quale difficilmente potranno sopravvivere. La sequenza di avvenimenti che mi aspetta è studiata alla perfezione in modo tale da non lasciare nessuna traccia della motivazione reale che ha innescato il meccanismo.

Con la scusa delle mensilità arretrate nel mese scorso i sindacati hanno indetto uno sciopero ad oltranza che abbiamo potuto interrompere solo grazie all’apertura della procedura di mobilità per tutti i dipendenti riportando come motivazione la chiusura dell’azienda. Il periodo è stato scelto accuratamente: un fermo dell’attività nel mese di luglio avrebbe portato l’azienda al fallimento in breve tempo. A pochi giorni di distanza, sempre pressati dai sindacati abbiamo fornito le nostre condizioni, anche consapevoli di non poter far fronte alle stesse: oneri di apertura della procedura a carico dei dipendenti e rateazione del TFR su 5 anni; le cifre in gioco sono talmente elevate che la rateazione non sarebbe comunque sostenibile. Come prevedibile la risposta dei sindacati è stata negativa e le condizioni sono state riviste al ribasso. A niente sono valsi gli appelli a fare in modo che l’azienda continui l’attività, ormai l’argomento importa a pochi. Anche i consulenti che mi stanno dando una mano non riescono a rendersi conto di quanto sta succedendo.  Durante le riunioni persino i sindacalisti l’hanno riconosciuto sorridendo: questo è uno dei casi in cui siamo valutando le condizioni per i licenziamenti piuttosto che conservare i posti di lavoro. Su quello che succederà dopo i licenziamenti non è dato sapere e nessuno si pronuncia: la versione ufficiale è che tutti i dipendenti verranno riassunti a tempo determinato, in modo da mantenere la mobilità, e senza alcun incentivo per l’azienda. Ma a questo punto credo che a nessuno convenga venire al lavoro piuttosto che stare a casa e incassare l’indennità senza fare nulla. Il quadro è praticamente perfetto e senza alcuna via d’uscita: su tutti i documenti è l’azienda che ha aperto la mobilità per tutti i dipendenti inserendo come causale la chiusura dell’attività. Un dipendente ha perfino ironizzato: sei tu che hai deciso di chiudere, ha detto. Incredibile! Io avrei deciso di chiudere quando l’azienda, pur con le sue difficoltà di gestione, è comunque in attività e continua ad avere commesse da produrre, e in questo modo perdere tutto quello che ho, la casa e i miei piccoli risparmi. Ma questo a nessuno sembra interessare. Ho parlato perfino con un mio amico avvocato, esperto in diritto del lavoro: secondo il suo parere tutta la vicenda è illegale per diversi aspetti, ma i documenti che verranno prodotti sono ineccepibili: è come se una persona venga spinta a firmare con una pistola alla tempia, il ricatto consiste nella chiusura immediata dell’attività, il fallimento, che avrebbe un effetto dirompente. Mi chiedo comunque quale sarà lo scenario futuro, probabilmente simile ma magari avrò un breve lasso di tempo per cercare di attutire il peggio.

E tutto veramente incredibile ma purtroppo reale, il meccanismo sta procedendo avanti in modo perfetto e niente lo può fermare. Nei prossimi giorni sarò costretto ad approvare le condizioni dettate dai sindacati che mi porteranno in breve tempo alla chiusura. Ho provato a parlare con i dipendenti ma sembra che la mia situazione non interessi affatto, forse non hanno percepito la gravità della situazione o non vogliono rendersene conto. Ho saputo che alcuni vorrebbero andarsene ma non osano farlo senza gli incentivi. Una volta raggiunto il loro obiettivo lo faranno in massa senza esitare. Quando penso a tutta questa situazione mi risulta sempre difficile capire la loro posizione: hanno tutte le tutele nel caso in cui l’azienda chiuda (TFR, stipendi arretrati, mobilità) e per ottenere il beneficio in più che spetta loro non hanno esitato a buttare tutto all’aria. Cerco di non pensarci e di mantenere la mente lucida, non so fino a quando.

Cronache da un mondo al contrario

Chiedo scusa a te, diario, e ai miei pochi lettori se non ho scritto per cosi tanto tempo, ma i mesi sono passati e ho vissuto in modo intenso ogni minuto, ogni ora, ogni giorno, quasi come i bambini che giocano sulla spiaggia e guardano scorrere con attenzione i granelli di sabbia fra le mani. Ci sono momenti in cui ho pensato di non farcela, durante o dopo le quotidiane 12/14 ore di lavoro, di essere arrivato al capolinea ma poi la fortuna o la provvidenza mi hanno consentito di andare avanti.

In questi giorni sto vivendo uno dei momenti delicati per la mia vita di imprenditore e il rischio di perdere tutto è veramente vicino. Il mio stato d’animo è veramente amareggiato perché ti accorgi di essere solo a combattere contro tutti e ti rendi conto di non poter contare sull’aiuto di nessuno.

I problemi sul tavolo sono sempre gli stessi e fondamentalmente uno: quello di non riuscire a rispettare i pagamenti e la difficoltà di procedere con i lavori. Quando ti fermi a riflettere per alcuni e fugaci attimi ti rendi conto di stare vivendo in un mondo al contrario: si parla di come uscire dalla crisi ma nessuno fa niente per le piccole imprese come la mia, anzi i lavoratori e i sindacati sono ormai completamente disinteressati della realtà aziendale e cercano solamente di assicurarsi tutte le tipologie di ammortizzatori sociali che sono stati finora messi in campo. Per entrambi è molto piu comodo stare a casa ad incassare le varie indennità piuttosto che stringere i denti per salvaguardare il posto di lavoro; si percepisce quasi un sottile compiacimento ad incalzare l’imprenditore in difficoltà, quasi tifando per la chiusura imminente che consentirebbe comunque di incassare la maggior parte di quanto ancora in sospeso. Mi chiedo quanto tempo ancora potrò resistere a questo gioco al massacro, a vivere in questo mondo al contrario in cui tutti restano indifferenti al tuo sforzo di rimanere a galla e magari sarebbero contenti di vederti sparire nel fondo, senza trovare ancora risposta a questa domanda. Tutto questo è veramente paradossale e mai mi sarei aspettato di vivere una tale situazione.

Se davvero dovessi arrivare all’epilogo, il mio ultimo desiderio sarà quello di esternare tutta la vicenda, (mi piacerebbe un bell’articolo su qualche giornale) mettendo in chiaro tutti i paradossi e spiegando i meccanismi perversi che mi hanno condotto fin li, sperando di averne la possibilità e la capacità.

Il nuovo anno

Mi ricordo bene le notti di capodanno del 2012 e del 2013: le prime ore di entrambi gli anni erano piene di ottimismo verso il futuro. Avevo la consapevolezza che ormai le cose peggio di così non potevano andare, ma mi sbagliavo. E’ proprio vero: al peggio non c’è mai fine. Ora nelle ultime ore del 2013 penso al nuovo anno a volte con indifferenza e a volte con paura. Nell’arco del prossimo anno forse sarò costretto a chiudere l’azienda e a perdere tutto quello che ho, potrei passare periodi veramente difficili dal punto di vista economico. Ci penso e cerco di scacciare i brutti pensieri aggrappandomi ai pochi lati positivi che riesco a cogliere. Forse la soluzione è sempre la stessa: vivere giorno per giorno e ringraziare sempre per quel poco che si ha e per avere ancora la forza di andare avanti. Buon Anno.

Soldi, soldi, soldi

Prima di Natale non sono riuscito a saldare tutti i creditori: alcuni mi hanno chiamato al telefono lamentando il ritardo nel pagamento; ho risposto loro che avrei pagato prima possibile, non appena anche io avessi ricevuto i pagamenti dei miei clienti, anch’essi in ritardo. Nessun accenno alle festività, nessun augurio: certo i soldi sono più importanti, servono per mangiare, ma mi aspettavo almeno una parola, considerato che il rapporto di lavoro con essi dura ormai da diversi anni. Eppure è così, il denaro oggi ha la meglio sui rapporti interpersonali.

Anche qualche mese fa, quando alcuni dipendenti se ne erano andati perchè stanchi di ricevere lo stipendio in ritardo, lo avevano fatto sbattendo la porta. Certo, era colpa mia, ero rimasto indietro di due mesi nel pagamento dello stipendio, dai loro visi trapelava la rabbia, eppure vedevano come la mia famiglia viveva e i nostri sacrifici, simili ai loro. Ma quando se ne andarono appena un accenno di saluto, e alcuni neanche quello: le difficoltà del momento avevano cancellato tutti i mesi e gli anni (10, 15 e anche 20 per alcuni di loro) in cui lo stipendo era arrivato regolarmente. Si, ero colpevole di tutta questa situazione e non meritavo più nulla: ma cosa altro potevo fare? Non avevo i soldi.

Natale

Siamo ormai vicini al Natale, e come ogni anno mi chiedo cosa vorrei ricevere in dono. Mi piacerebbe avere un regalo inaspettato, anche un oggetto senza valore in sé, un augurio sincero o un abbraccio da un conoscente, un gesto fuori dalla consuetudine del normale scambio di un saluto, di una distratta stretta di mano. Mi rendo conto che si tratta di un regalo che raramente si riceve. Mi ricordo che una volta mia figlia mi regalò per il mio compleanno un cioccolatino che comprò da sola con i suoi risparmi: mi colse di sorpresa e un pò mi commossi. I figli sono la cosa più bella che abbiamo, personalmente l’unica e la più importante che ho. Certo, mi piacerebbe ricevere anche altre cose, una stabilità economica, una vita meno frenetica, ma capisco che sono cose troppo impegnative da chiedere di questi tempi. Spesso ringrazio Dio per quello che mi rimane ancora, pensando al peggio che potrebbe venire.

Il sindacalista

Oggi è venuto in azienda un sindacalista per lasciare dei piccoli regali per i dipendenti: l’ho visto arrivare con una bella macchina nuova. L’ho invidiato. Ma non dovrei: probabilmente è stato più bravo e più fortunato di me. La mia macchina (l’unica cosa che possiedo) ha più di 10 anni e non posso cambiarla; non avendo più una busta paga non posso neanche acquistarne una nuova con un pagamento rateale, chi mi farebbe credito? A volte penso di aver sbagliato tutto nella vita.

Le banche: a cosa servono?

Ho provato a chiedere il finanziamento per la 13ma mensilità alla banca con cui lavoro di più (un istituto bancario locale), offrendo anche la garanzia di un consorzio fidi per la metà dell’importo richiesto. Il direttore mi ha risposto con rammarico che quest’anno avrebbero concesso il finanziamento solamente alla aziende “virtuose” (parole sue!) e purtroppo la mia azienda al momento non rientrava tra queste. Viene da chiedersi se una scelta del genere sia logica da parte di una banca, in quanto le aziende migliori magari non hanno la necessità di chiedere il finanziamento: ho dedotto quindi che la risposta del direttore sia stata praticamente una perifrasi per dire che i finanziamenti non venivano dati a nessuno.

Mi sono rivolto allora ad un altro istituto bancario di importanza nazionale: il direttore in questo caso ha istruito la pratica malvolentieri, anch’esso consapevole che non ci fossero grandi speranze, anche con la garanzia aggiuntiva offerta. Dopo qualche settimana mi ha infatti comunicato l’esito negativo della pratica, lasciandomi però un piccolo spiraglio. Per avere il finanziamento infatti sarei dovuto diventare socio della banca versando una quota pari alla metà dell’importo richiesto. Di fronte a questa ennesima assurdità ho ringraziato e ho declinato l’offerta. Se avessi infatti avuto il denaro per pagare la quota richiesta non avrei avuto la necessità di chiederlo. Del “ricatto” nessuna traccia però, tutto si è svolto a livello verbale.

E’ stata l’ennesima dimostrazione pratica di quanto le banche siano distanti dal mondo imprenditoriale e continuino a ragionare in modo illogico: chissà come mai poi si sente dire che i consumi sono depressi…

Per fortuna le persone di buon senso esistono ancora: il direttore della prima banca ha trovato la maniera, sotto la sua responsabilità, per fornirmi un piccolo appoggio, dopo avergli garantito che sarei rientrato del debito entro il mese successivo. Quanti avrebbero fatto una cosa del genere? Trovare persone che fanno il loro lavoro assumendosi i loro rischi è veramente raro.

Ricordo con amarezza diversi anni fa quando il direttore di uno dei principali gruppi bancari italiani mi venne a trovare apposta per vendermi un derivato: lo propose come un buon investimento senza rischi e gli credetti sulla parola. Persi diverse decine di migliaia di euro, senza neanche poter fare causa: mi avrebbe chiuso gli affidamenti con il rischio della chiusura dell’azienda.

Domani è lunedì

Questa notte ho dormito abbastanza bene. Meno pensieri affollavano la mia testa o forse la stanchezza dei giorni precedenti ha avuto il sopravvento. Di solito durante la settimana mi sveglio alle 6.30 e lavoro fino alle 19.00 con un’ora di pausa pranzo. Spinto dalla necessità ho preso poi un secondo lavoro che faccio dalle 21.00 alle 23/23.30. A causa della crisi infatti quest’anno ho dovuto rinunciare al mio stipendio, alla faccia di chi si meraviglia che gli imprenditori guadagnino meno dei dipendenti, e arrangiarmi attingendo dai miei risparmi.

La prossima settimana sarà molto pesante, bisogna far fronte ai pagamenti correnti e arretrati e i soldi non basteranno per tutti. Pagare, pagare, pagare sempre e tutti… i fornitori, le tasse, e per te nulla… Ho avuto sempre una mia reputazione e voglio mantenerla. Quanto è difficile e umiliante pregare le persone di aspettare perchè non riesci a pagare adesso. Tutti hanno bisogno del denaro oggi, è la cosa più importante e fa passare tutto il resto in secondo piano.